In occasione della mostra Au-delà. Morandi/Fontana presso la galleria Tornabuoni Art Paris (20 ottobre 2025 – 10 gennaio 2026), l’Istituto di cultura presenta due capolavori dei due artisti: Natura morta di Giorgio Morandi (1961) e Concetto spaziale, Attesa di Lucio Fontana (1964). L’esposizione mette così a confronto due dei più grandi innovatori del linguaggio artistico del XXesimo secolo.
Come due rette parallele, che non dovrebbero mai incontrarsi se non all’infinito, ecco che Morandi e Fontana si ritrovano al di là del visibile nel punto in cui l’arte supera i limiti della percezione ottica per condurre lo sguardo verso l’irraggiungibile dell’infinito e nell’invisibile delle cose. Per Morandi si tratta dell’essenza degli oggetti più comuni e vicini, al di là della percezione immediata che ne possiamo avere, e oltre le forme riconoscibili, quelle più ordinarie. Fontana prende di petto la questione metafisica e la trascina oltre la tradizione figurativa, aprendo un varco nella tela, quella superficie su cui per secoli si era inteso replicare l’immagine della realtà, superando con un balzo l’illusionismo per aprire un varco al di là della tela, uno spazio infinito oltre la bidimensionalità. Mentre Fontana proietta il nostro sguardo telescopico verso l’invisibile dell’infinito, il più distante e l’irraggiungibile, Morandi, invece, punta il cannocchiale verso l’infinito dell’invisibile. Imbrigliando l’irrappresentabile e l’irraffigurabile, ha scoperto la metafisica sussistenza dell’eterno tra oggetti comuni e nei paesaggi più familiari tra i tetti e i giardini di Bologna , dove ha sempre vissuto, e Grizzana, amena località nell’Appennino emiliano, dove si ritirava nei giorni più caldi
dell’estate. Esiste, dunque, una strana, imprevedibile convergenza tra i due artisti. Giorgio Morandi ha spinto il linguaggio figurativo
al limite estremo quasi a terminare nell’astrazione metafisica; ha vissuto l’arte come una missione sublime, tutto dedito alla poesia senza tempo del colore e delle forme, della luce e dei sentimenti. Limitandosi a nature morte di bottiglie, vasi, caffettiere, a paesaggi rarefatti, ha ridotto la pittura alla sua essenza, dissolvendo la materia in atmosfere silenziose e contemplative. La sua ricerca costante di un equilibrio tra visibile e invisibile conferisce alle sue opere una dimensione intima e universale.
Lucio Fontana ha osato spingersi oltre, mettendo fine alla tradizione figurativa occidentale; è stato pioniere di un’arte libera di circolare fuori dal mondo reale, non più prigioniera dello spazio e del tempo terrestre. Con il suo Concetto spaziale, Fontana ha inaugurato una nuova concezione dell’arte, in cui il vuoto e il gesto diventano protagonisti, assieme all’immaginazione cosmica, alla intuizione di un limite senza più limite. Secoli e secoli di arte figurativa si sono ridotti a una tela monocroma perforata da costellazioni di fori o incisa da un taglio chirurgico, per superare con un colpo d’ala dell’immaginazione metafisica la piatta aridità, autoreferenziale, del bianco su bianco. Quei fori e quegli squarci trasformano il dipinto, infatti, in oggetto plastico, offrendo ancor una volta, e di più, un appiglio fenomenologico e sensoriale all’arte dopo le estremizzazioni astratte.
