Amleto Take Away è un affresco tragicomico che gioca sui paradossi, gli ossimori e le contraddizioni del nostro tempo che, da sempre, sono fonte d’ispirazione per il nostro teatro ‘contro temporaneo’. Punto di partenza sono, ancora una volta, le parole, diventate simbolo più che significato, etichette più che spiegazioni, in un mondo dove «tutto è rovesciato, capovolto, dove l’etica è una banca, le missioni sono di pace e la guerra è preventiva».
Sul palco un attore in crisi e una regista, che, come ogni sera, tenta di spronare il suo compagno adandare in scena, a superare la crisi che lo affligge e recitare per l’ultima volta il loro “Amleto”. Inizia così un viaggio che si sviluppa in parallelo, a metà strada tra finzione e realtà, teatro e vita: una contaminazione tra l’opera shakespeariana e i vissuti autobiografici dell’attore protagonista. Lo spettacolo crea una corrispondenza tragicomica, ironica e poetica al tempo stesso, tra la vita del giovane attore italiano e quella del principe danese.
Mentre in scena si rievocano il rapporto di Amleto con i suoi familiari, l’amara scoperta, la crisi e la pazzia, avanzano strettamente connesse le vicissitudini dell’attore italiano: il rapporto con il padre, la scoperta della malattia che lo conduce alla cecità, le difficoltà e il disagio di vivere in un’epoca in cui non si riconosce, il rapporto con il mondo del lavoro teatrale e la scoperta dell’amore…
Una riflessione ironica e amara che nasce dall’osservazione e dall’ascolto della realtà circostante, che ci attrae e ci spaventa. «Tutto è schiacciato fra il dolore della gente e le temperature dell’ambiente, fra i barbari del nord e i nomadi del sud. Le generazioni sono schiacciate fra lo studio che non serve e il lavoro che non c’è, fra gli under 35 e gli over 63, fra avanguardie incomprensibili e tradizioni insopportabili… In questo percorso si inserisce, un po’ per provocazione, un po’ per gioco meta-teatrale, l’Amleto di Shakespeare.
Amleto, simbolo del dubbio e dell’insicurezza, icona del disagio e dell’inadeguatezza, è risultato, passo dopo passo, il personaggio ideale cui affidare il testimone di questa indagine. Ma l’Amleto di Amleto Take away procede anche lui alla rovescia: è un Amleto che preferisce fallire piuttosto che rinunciare, che non si fa molte domande e decide di tuffarsi, di pancia, nelle cose anche quando sa che non gli porteranno nulla di buono. È consapevole ma perdente, un numero nove ma con la maglia dell’Inter e di qualche anno fa, portato alla follia dalla velocità, dalla virtualità e dalla pornografia di questa realtà.
Amleto è in seria difficoltà circa il senso delle cose, travolto da una crisi così generalizzata e profonda che mette a repentaglio storie solide e consolidate come il suo rapporto d’amore con Ofelia e il suo rapporto con il teatro. «To be o FB, questo è il problema! Chiudere gli occhi e tuffarsi dentro sé e accettarsi per quello che si è, isolandosi da community virtuali per guardare da vicino e cercare di capire la realtà in cui si vive? O affannarsi per postare foto in posa tutte belle, senza rughe, seducenti, sorridenti, grazie all’app di photoshop?
Dimostrare ad ogni costo di essere felici mettendo dei ‘mi piaci’ sui profili degli amici. Pubblicare dei tramonti un bel piatto di spaghetti o gli effetti della pioggia tropicale, sempre tesi anche al mare con un cocktail farsi un selfie perché il mondo sappia, dove sono, con chi sono, e come sto. Apparire, apparire, apparire, bello, figo, number one e sentirsi finalmente invidiato.
“To be or fb, this is the question”.
Uno spettacolo di e con Gianfranco Berardi e Gabriella Casolari (Compagnia Berardi Casolari)
Produzione Compagnia Berardi Casolari, Teatro della Tosse, MtM, Teatro Pubblico Pugliese, Regione Puglia e del PACT- Polo Arti Cultura e Turismo della Regione Puglia
Lo spettacolo, in lingua italiana, è accessibile anche a un pubblico di persone cieche e persone sorde, attraverso audiodescrizione (in lingua francese) e sovratitolatura digitale (in lingua francese).