Dal 05 al 28 marzo, al Théâtre de la Ville va in scena Bérénice l’ultima creazione di Romeo Castellucci. Abbiamo avuto l’onore di assistere allo spettacolo e queste sono le nostre orgogliose considerazioni:
Assistere ad una creazione di Romeo Castellucci è ogni volta un viaggio mentale e visivo nel mondo interiore, proprio e della storia. La sua Berenice è un’opera spiazzante sia pensando al principe della poesia francese, Racine, sia pensando al teatro come arte, sia pensando ai suoi interpreti. Le immagini che Castellucci crea dal vivo, senza alcun ricorso a proiezioni e ledwall, così abusate oggi sui palcoscenici, sono visioni palpitanti che ci scuotono per la loro tridimensionalità e la loro potenza. Ci ricorda, Castellucci, ancora una volta che il teatro è azione del vedere, per lo spettatore. Ne consegue che il regista non è più un confezionatore di uno spettacolo come somma di ingredienti e linguaggi diversi bensì un artista che rivendica la piena libertà di composizione come atto di creazione pura e radicale.
Oggi, più che mai, il teatro deve rivendicare la sua alterità e diversità rispetto alla pervasione ossessiva di immagini ordinarie, compulsive, del mondo tecnologico digitale. Ecco perché il suo teatro è potente come un rito arcaico. Ecco perché Isabelle Huppert non è più solamente un’attrice ma una officiante della parola che si fa corpo e allucinazione. Ecco perché la vediamo vagare impazzita nel bunker monumentale nel quale Castellucci la muove. Ecco perché come da Teresa in estasi del Bernini la vediamo contrarsi a terra nello spasmo d’amore e dolore. Castellucci ritorna alle origini del rito teatrale, sminuendo cosi in un sol gesto migliaia di spettacoli di rappresentazione, superflui. Ma allo stesso tempo, da quel grado zero riconquistato al teatro, si proietta in una rinnovata ambizione di teatro totale alla Wagner. In Berenice ogni suono è creato live.
I pochi spettatori che lasciano l’enorme cavea del Théâtre de la Ville testimoniano di un grande risultato conquistato attraverso quattro decenni di epifanie sceniche al contrario dei primi lavori a cui gli spettatori aderivano con più difficoltà. Sublime, straordinaria, generosa, aderente e sorprendente appare Isabelle Huppert, l’unica attrice che poteva cogliere e vincere la sfida lanciata da Castellucci a lei e a noi. Un grande successo.
Antonio Calbi